martedì 2 novembre 2010

Turchia, l'identità curda alla sbarra

22/10/2010  di Luca Bellusci*
Inizia a Dyarbakir il processo contro la piattaforma politica Kck: più di 150 persone sotto processo
Il 18 ottobre scorso si è aperto uno dei più grandi processi contro la società civile curda in Turchia. Al banco degli imputati erano presenti per la prima udienza al tribunale di Diyarbakir circa 150 politici e attivisti appartenenti all'organizzazione curda Koma Civakên Kurdistan (Kck).
L'accusa è quella di legami con il terrorismo e sovversione ai danni dello Stato. Anche una delegazione italiana era presente davanti al tribunale di Diyarbakir per portare la propria solidarietà ai detenuti politici curdi; la presenza di delegazioni internazionali, tra cui anche una rappresentanza dell'Ue, ha garantito il pacifico svolgimento della manifestazione, osservata a distanza di sicurezza dalla polizia. La pubblica accusa di Diyarbakir, durante la prima udienza del processo, ha presentato in tribunale un dossier di circa ottomila pagine dove si dimostrerebbero i presunti legami tra gli imputati ed il Partito Curdo dei Lavoratori (Pkk), organizzazione riconosciuta come terroristica da Usa e Ue. Nello specifico, l'accusa si riferisce alla partecipazione degli indiziati alla rete del Kck, piattaforma politica che racchiude tutti i principali movimenti politici curdi e di cui fa parte anche il Pkk.

La questione posta dall'accusa, quindi, è se anche il Kck possa definirsi un'organizzazione terroristica al pari del Pkk. A differenza del partito fuori legge però, Ue e Usa non hanno inserito il Kck nella black list mentre il governo turco è intento, attraverso questo processo sommario, a dimostrare come sia una faccia della stessa medaglia. Il Kck, nato nel 2005, è una piattaforma formata da esponenti politici, attivisti, docenti, avvocati che hanno a cuore la causa curda in tutto il Medio Oriente. Negli anni l'organizzazione ha cambiato i propri obiettivi, spingendosi sempre più verso la difesa dei diritti della popolazione curda in Turchia, operando attraverso campagne di sensibilizzazione e incentivando la creazione di una coscienza politica collettiva sulla questione.

Tra gli imputati sotto processo ci sono anche sindaci di alcune importanti città del sud est turco, a maggioranza curda. Tra loro risulta indagato anche Osman Baydemir, sindaco di Diyarbakir, che per il momento è in libertà a differenza degli altri 151 imputati presenti alla prima udienza. Baydemir non ha esitato ad affermare - all'agenzia di stampa Firat - come la prolungata detenzione dei colleghi e degli altri attivisti del Kck sia del tutto illegale e risulti un'ennesima tortura nei confronti della società civile curda.

Anche molte organizzazioni non governative turche hanno dato il loro sostegno ai circa duemila detenuti, molti di loro in carcere dal 14 aprile 2009. Human Rights Association in un recente comunicato ha ricordato come l'attuale sistema processuale turco risulti ancora legato alla vecchia istituzione dei Tribunali per la sicurezza dello Stato, creati ad hoc per reati connessi con il terrorismo. Questa istituzione, nata dalle ceneri del terzo colpo di Stato degli anni Ottanta, venne abolita dal governo dell'Akp, partito del premier Erdogan, a maggio 2004, in risposta alle pressioni esercitate dall'Ue per una modifica sostanziale del codice penale turco. Ma nel dicembre dello stesso anno è stata creata una nuova Corte Speciale per i reati contro lo Stato, regolamentata dagli articoli 250, 251 e 252 del Codice di procedura penale, che in sostanza riprende gli stessi principi di quella abrogata in precedenza.

Intanto il tribunale di Diyarbakir ha rifiutato la richiesta degli imputati di utilizzare la lingua curda durante il processo. Nella dichiarazione del giudice Menderes Yılmaz - riportata dal quotidiano Zaman - si fa appunto cenno al divieto di difesa in curdo in aula, tenendo in considerazioni anche le sentenze della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Cedu). Ma questa decisione mina palesemente la libertà di espressione dei cittadini curdi in Turchia e sicuramente avrà un impatto negativo nelle trattative tra il governo ed il partito curdo del Bdp, impegnati in questo periodo a trovare una soluzione democratica per i circa venti milioni di curdi nel Paese. Inoltre il processo potrebbe provocare il riacutizzarsi del conflitto tra esercito e guerriglieri del Pkk, quest'ultimi in tregua dal mese di settembre per dimostrare la propria volontà nel cercare una soluzione pacifica della questione curda in Turchia. La strada verso la pace è ancora lontana.
Stampa il post

Nessun commento:

Post più popolari

Capa Rezza (ingrandisci l'immagine)

......................