giovedì 14 gennaio 2010

Terremoto ad Haiti. Piove sul bagnato

Tremendo terremoto ad Haiti. È l’ultima tragedia di questo sventurato paese. Le catastrofi naturali come il terremoto e i quattro uragani del 2008 colpiscono un paese già ridotto allo stremo.


La comunità internazionale piange su Haiti sconvolta da un tremendo terremoto, ma sono lacrime ipocrite. Non sarà certo la Minustah, la forza di interposizione dell’ONU, a risolvere i problemi di questo paese, i cui indici economici e sociali sono tra i più bassi del mondo. Per il momento, si sa che tra le vittime ci sono anche parecchi militari brasiliani: è il Brasile di Lula infatti che nel 2004 si è assunto il compito di fornire una parte importante del contingente, offrendo ai suoi militari un’occasione di presentarsi come forza determinante nel continente, e anche di svagarsi un po’ con le adolescenti del luogo, facilmente conquistabili con un tozzo di pane… Sono stati accusati di aver organizzato un vero e proprio giro di pedofilia ma lo scandalo è stato soffocato.
Che organizzazione dei soccorsi può esserci in un paese in cui l’analfabetismo ufficiale supera l’80%, e in cui per ogni 1.000 abitanti ci sono 0,3 medici? A Cuba ce ne sono 6,3 ogni 1.000, e la percentuale dei posti letto è analogamente squilibrata tra i due paesi vicinissimi, e che duecento anni fa avevano lo stesso tenore di vita.
Come si può aiutare un paese in cui la speranza di vita non raggiunge i 50 anni, il PIL per abitante (per quel che vale questo indicatore…) supera appena i 500 dollari annui, un paese che ha si e no 1000 km di strade “asfaltate” (si fa per dire), e neanche una ferrovia?

Come stupirsi che in un paese che per decenni è stato dominato dalle squadracce armate dei Duvalier, i tonton macoutes rimasti impuniti anche molto tempo dopo la fine della dittatura, la prima reazione a un terremoto sia la comparsa degli “sciacalli”?
Cosa potrebbero fare gli aiuti internazionali – se anche ci fossero, tempestivi e sufficienti - in un paese il cui tessuto sociale è stato distrutto da due colpi di Stato successivi, nel 1991 e nel 2004, contro il primo presidente regolarmente eletto, Jean-Bertrand Aristide, con un bilancio di morti altissimo, che non si conoscerà mai esattamente, e con la beffa di un intervento di “interposizione” che teneva a bada soprattutto i sostenitori del presidente e lasciava via libera al caos?

Finora le notizie sono scarse, e non permettono di valutare la dimensione del disastro. Ma si può già dire che non è stato fatale che si arrivasse a questo punto, e soprattutto che non è stata colpa degli haitiani: questo paese due secoli fa era ricco al punto che il suo zucchero assicurava un terzo delle entrate complessive della potenza coloniale, la Francia è stato distrutto da un blocco a cui hanno partecipato tutte le maggiori potenze per oltre un secolo. Come è stato possibile che sia stato ridotto così? Cercherò di spiegarlo con alcuni dati storici, tratti da un mio scritto di pochi anni fa, che recensiva uno dei pochi libri dedicati a quello sfortunato paese.

P.S. Il libro è del 2002. Dopo di allora, sono usciti pochissimi altri libri su Haiti, e anche precedentemente ce n’erano pochi, in genere curati da Pax Christi o da società missionarie. Spicca un bel cofanetto con un film di Jonatan Demme, The Agronomist, dedicato alla figura di un coraggioso giornalista, Jean Dominique, assassinato nel 2000. I mandanti, che avevano preparato il delitto con intimidazioni e minacce, non sono mai stati identificati e puniti. La radio di Dominique fu chiusa. Il film è costruito con molti spezzoni di documentario girati dallo stesso giornalista prima del suo assassinio. Insieme al DVD c’è un volumetto antologico curato con la consueta cura da Danilo Manera, L’isola d’acqua. Haiti: storie e musica, ferite e sogni, Feltrinelli Real Cinema, 2005

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