lunedì 16 maggio 2011
BERLUSCONI SBATTE IL MUSO
Nota quotidiana Chiara sconfitta del governo a Milano, il centrosinistra può esultare a Torino e forse a Bologna mentre De Magistris ci prova a Napoli. La Lega stavolta si ferma. Grillo è quasi il "terzo polo" e mette in difficoltà l'alternativa di sinistra Salvatore Cannavò Qualche scricchiolio in casa berlusconiana si percepiva, la violenza con cui il duo Berlusconi-Moratti si sono scagliati contro Pisapia faceva intuire la paura di una rimonta del centrosinistra nella capitale del nord, leghista e berlusconiano insieme. Ma che Pisapia potesse arrivare primo al primo turno, staccando nettamente la rivale e infliggendo una dura batosta al presidente del Consiglio non se l'aspettava nessuno. Queste elezioni amministrative saranno ricordate per questo risultato, per la "botta" inflitta al Cavaliere, spiffero di un'altra aria che forse gira nel Paese anche se su questo occorre andare ancora cauti. Berlusconi perde, il centrosinistra si rafforza. Ma chi vince al suo interno? Certamente le "ali" radicali. Pisapia vuol dire Vendola e insieme alla "vittoria" di De Magistris a Napoli costituisce un indizio evidente. Anche Zedda a Cagliari sfiora il successo al primo turno e anch'egli, come Vendola, ha battuto il candidato del Pd alle primarie di qualche mese fa. Però anche Bersani può cantare vittoria perché il segretario del Pd può intestarsi il successo di Fassino al primo turno e se riuscisse nell'impresa anche con il modesto Virginio Merola a Bologna (in questo momento è al 50,7) nonostante lo scandalo Delbono e la cattiva eredità di Cofferati, allora per Bersani sarebbe un colpo netto. I dati sono ancora parziali e quindi vanno studiati con attenzione. E' evidente la battuta d'arresto del governo e il cattivo risultato della Lega. A Milano, rispetto alle Regionali di un anno fa, il partito di Bossi scende dal 14 al 9,5%, a Torino dal 10 al 6.7%, a Bologna, dove esprimeva il candidato sindaco, avanza di un punto senza alcun sfondamento. Nei 15 capoluoghi del centronord in cui si è votato la Lega arretra in 14 (avanza solo a Bologna) e lo stesso capita al Pdl. Si capisce anche che il centrosinistra ha attirato una spinta nuova: a Torino il Pd, sempre rispetto alle Regionali, rimonta quasi 10 punti; a Milano sale di 2 e a Bologna si mantiene intorno al 40 per cento. La disfatta certa è a Napoli dove la lista scende dal 25 al 19% e il suo candidato, Morcone, non accede al ballottaggio. Un esito inevitabile per chi viene da quasi un ventennio di gestione bassoliniana che ha distrutto il territorio. Anche per questo hanno ragione ad esultare Vendola - che fa ottimi risultati un po' ovunque - e Di Pietro anche se l'Idv vede erosi i suoi risultati dalla lista di Grillo e il successo di Napoli è ascrivibile a Luigi De Magistrs (che infatti svuota proprio la lista del Movimento 5 Stelle). I successi, però, non eliminano i problemi. Al ballottaggio il Pd sarà costretto a porsi il problema del "terzo polo" - che non sfonda, a Torino è addirittura superato da Grillo - ma che può essere decisivo per la vittoria finale: a Milano come a Napoli. E così si aprirà la discussione se sostenere le componenti più radicali o se invece avere un profilo più "moderato" (Beppe Fioroni ha già lanciato il sasso enfatizzando il successo della lista I Moderati di Torino). A ottenere un risultato di grande rilievo è li Movimento 5 Stelle. Beppe Grillo, un po' alla volta, si sta affermando come il vero "terzo polo", ottenendo consensi superiori al 5% quasi ovunque. In Emilia sfiora e spesso supera il 10% come a Rimini o nella stessa Bologna. Un dato clamoroso che mette l'estrema sinistra in difficoltà anche se il "grillismo" si configura sempre più come un'espressione un po' qualunquista. Se Sel, infatti, avendo scelto la strada dell'internità piena al centrosinistra può gridare vittoria per esserne riuscita a incarnare la leadership - Pisapia, Zedda sono tanti "casi Vendola" - la Federazione della sinistra è costretta, per avere risultati discreti, a stare dentro l'alleanza. Quando resta fuori, non ha l'appeal giusto per riuscire a incarnare un'alternativa: il fallimento di Torino, dove il candidato di Fds e Sinistra Critica, si ferma all'1,5%, è chiaro. Anche il flop delle liste del Pcl - che raramente superano lo 0,2, tranne Bologna con lo 0,7 - va in questa direzione. I proclami ideologici lasciano il tempo che trovano mentre liste di sinistra che hanno un radicamento e offrono una prospettiva più concreta riescono ad avere qualche risultato. La sinistra unita va meglio: fa l'8% a Grosseto (Fds-Sel), il 6% a Casoria, dove c'è anche Sinistra Critica che a sua volta fa il 4% a Cattolica, l'esperimento di "Blocco comunista e anticapitalista" di Monfalcone (Sinistra Critica e Comunisti uniti), basato su una forte presenza operaia, ottiene il 2,5%. E soprattutto c'è il risultato di De Magistris che esalta questa interpretazione - e infatti lascia la più radicale "Napoli che non si piega" allo 0,16%. Anche in questo caso è difficile trarre una linea omogena ma, anche con il successo di Grilllo, è chiaro che il problema di un'alternativa a sinistra non si può porre più in termini ideologici e identitari. Una fase si chiude con chiarezza e qualsiasi ipotesi alternativa o ha un forte radicamento sociale e un'internità reale a un determinato territorio - si pensi a Sinistra per Siena, scissione di Sel che, da sola, fa il 6% in una città egemonizzata dal Pd - oppure deve avere caratteristiche di vitalità e di innovazione chiaramente percepibili. E' chiaro che il successo di Pisapia costituisce un crinale fondamentale: pur non nutrendo illusioni sugli effetti reali di un'amministrazione di centrosinistra a Milano, pensiamo che la vittoria dell'ex deputato di Rifondazione sia salutare e importante. Lo stesso vale per De Magistris a Napoli. Si tratta di due ipotesi che, nel caso si realizzassero, produrrebbero uno scenario nuovo e metterebbero alla prova le ambizioni di cambiamento di una certa sinistra. Poi c'è il referendum del 12 giugno. Se ci si arrivasse indenni - cioè senza trucchi del governo - e con la spinta che si è manifestata a queste elezioni, la vittoria dei Sì costituirebbero davvero un calcio al premier, al suo governo e a un'intera stagione politica. In ogni caso il problema di una nuova sinistra alternativa, unita e radicale allo stesso tempo, è posto. Siamo in una fase nuova e bisogna iniziare a pensare in termini nuovi.
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