mercoledì 3 marzo 2010

La parola "compagno" non so chi te l'ha data

Nota quotidiana
Il ministro Sacconi interviene al congresso della Uil e si rivolge alla platea con «cari compagni». In effetti da Uil e Cisl arriva una mezza apertura sulle norme che intendono aggirare l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Solo la Cgil si oppone ma annunciando che farà «ricorso». Con degli amici così a che servono i nemici?
da "il megafonoquotidiano" sa.can.

Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi è intervenuto al XV congresso della Uil e verso la fine dell'intervento se n'è uscito con questa frase: «Fatemelo dire: care compagne e cari compagni per fortuna ci siete nel vostro bel percorso...».
Le parole di Sacconi ci riportano alla mente una canzone "maledetta" di Giorgio Gaber, "Se fossi Dio" in cui a un certo punto, parlando dei radicali - sì, quelli di Pannella e Bonino - il grande canzoniere milanese chiosa con disperata ironia: «Compagno radicale...la parola compagno, non so chi te l'ha data».
L'espressione calza benissimo sia per Sacconi che per la Uil anche se l'istintivo e naturale stupore deve lasciare il passo a una considerazione amara ma reale. Sacconi e sindacati come la Uil - ma il discorso può estendersi alla Cisl e, in parte, alla stessa Cgil - di cose in comune ne hanno, e molte. Il ministro che odia il '68 non avrà faticato a trovare nel congresso Uil tanti "compagni" del fu partito socialista all'interno del quale condivideva la militanza con gente come Brunetta o De Michelis. E del resto compagno viene dal latino "cum panis" e quindi significa condividere il pane, essere solidali, compartire un'impresa comune. E certamente, nel Psi craxiano i sodali erano molti. Solo che poi, e fortunatamente, compagno ha voluto significare qualcos'altro.
Nel caso dei nostri allegri protagonisti, invece, ci si deve limitare all'essere sodali. Basta guardare come si muovono nel tentativo di cancellare nuovamente l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Il governo Berlusconi 2 ci aveva provato per direttissima e non ci era riuscito. Ora, tramite il ddl su Welfare e Lavoro, che è alla quarta lettura del Senato, ci riprova inserendo l'arbitrato nei contenziosi, aggirando così la norma contenuta nello Statuto. Un'interpretazione che Sacconi, proprio ieri, a margine del suo intervento, ha negato facendola risalire alle "solite provocazioni" dei "soliti noti". «Il lavoratore - ha aggiunto - avrà la possibilità in più di ricorrere all'arbitrato e tutto sarà regolato dai contratti collettivi. Non per nulla, tutti tranne la Cgil hanno condiviso questa norma. Punto».
Ma la replica di Sacconi non convince affatto, l'aggiramento c'è ed è netto. Angeletti, invece cosa dice? Il segretario della Uil non muove un attacco diretto o una presa di distanza chiara ma si limita a precisare che «temi quali quelli del mercato del lavoro, devono essere oggetto prima di confronto e discussione con i sindacati e le associazioni di impresa, che sanno trovare soluzioni più efficaci del Parlamento». Stessa posizione assume Bonanni. Insomma, ne possiamo parlare, basta che non ci escludiate. Angeletti, che in genere si diverte a parlare chiaro, lo fa anche oggi: «Negli anni scorsi c'era l'intenzione di abrogare l'articolo 18, ora c'è quella di trasformare il reintegro in rimborso o in una penale ai lavoratori, quindi la questione è diversa», ha aggiunto Angeletti, secondo cui «nel caso di danni seri non staremmo con le mani in mano». Quindi l'aggiramento c'è e il sindacato promette di fare attenzione a che non si verificano «danni seri». Per i danni lievi rivolgersi a qualcun altro.
A opporsi con chiarezza è infatti solo Epifani: «Il disegno di legge sull'articolo 18 opera una vera e propria controriforma delle basi del diritto del Lavoro», spiega per poi aggiungere: «La forma di arbitrato obbligatorio farebbe saltare le forme tradizionali di tutela contrattuali e della libertà del lavoratore di poter adire a queste scelte in questo modo naturalmente si rende il lavoratore più debole». Ma anche in questo caso il contrasto è appena accennato, quasi solo legalitario: «Speriamo che non venga approvato - ha concluso infatti Epifani - in ogni caso faremo ricorso se ci sono le condizioni di legittimità costituzionale». Lotteremo? manifesteremo? bloccheremo la produzione? No, «faremo ricorso».
Capito chi gliel'ha data la parola compagno?
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