venerdì 23 gennaio 2009

OGGI, PIU' CHE MAI, SERVE UN NUOVO INIZIO

Lettera aperta alla sinistra di classe
Con la vicenda di Liberazione, la cacciata di Sansonetti, l'ennesimo scontro interno e la scissione che sta per maturare tra l'area "vendoliana" e la nuova maggioranza del Prc, si rende sempre più evidente che un ciclo politico è definitamente chiuso. Questa constatazione Sinistra Critica l'aveva fatta già al tempo del governo Prodi e dell'espulsione di Franco Turigliatto colpevole di aver votato contro la guerra e di aver rinnegato, in nome di quest'ultima, il vincolo politico al centrosinistra. Ci sembrava evidente che di fronte a una prova vera, inoppugnabile, come quella del comportamento parlamentare relativo alla guerra, un partito che era nato proprio in nome del rifiuto della guerra, rinnegava se stesso e chiudeva simbolicamente la propria parabola politica. Pensiamo di aver avuto ragione e paradossalmente abbiamo visto giusto troppo in anticipo per il sentimento medio dei, delle militanti di Rifondazione. Ora il dado è tratto, senza possibilità di equivoci. Per quanto la nuova maggioranza del Prc abbia scelto la strada della difesa identitaria e dell'arrocamento dentro il proprio fortino, la possibile scissione di circa metà del partito equivale alla fine concreta di quell'esperienza che è stata Rifondazione comunista a cui molti di noi hanno contribuito attivamente anche assumendone ruoli di direzione.
E' sbagliato dire, come fa oggi la minoranza attuale, che questa storia si chiude a causa dell'irrigidimento "staliniano" del Prc o perché viene meno l'autonomia di Liberazione. Questi argomenti, per quanto contengano elementi di verità, appaiono tutto sommato un po' forzati e strumentali. Come si fa a parlare, da parte degli autori della cacciata di Franco Turigliatto, di involuzione staliniana? E come si fa a colpevolizzare il mancato coinvolgimento di una parte consistente del partito alla sua gestione se la ex maggioranza, quella uscita dal congresso di Venezia, teorizzò, con inedita virulenza, la pratica del "chi vince prende tutto"?. Quanto all'autonomia del giornale, non ci permettiamo di entrare in vicende interne ad un altro partito, ma ci appare evidente che se per quasi un mese la vicenda Liberazione si è intersecata a dinamiche curiose legate al dibattito sulla psicanalisi, le responsabilità sono tutt'altro che unilaterali e purtroppo hanno un amaro sapore simbolico.
La storia del Prc e delle forze di sinistra, in realtà, si è chiusa sull'altare della prova di governo. E' vero che per oltre un decennio la questione del governo ha attraversato in particolare quel partito, spaccandolo a ogni congresso e provocondo scissioni più o meno corpose. Un conto, però, è discutere del governo, scegliere quell'orientamento senza avere però la possibilità effettiva di esercitare il governo stesso, un altro è invece assumere incarichi istituzionali e ministeriali e ridursi a gestire miseramente le scelte del capitalismo e dell'imperialismo italiano senza assumere il minimo ruolo di controtendenza. L'abisso in cui il Prc è sprofondato con il secondo governo Prodi non fu toccato nemmeno nel caso dell'appoggio esterno al primo governo Prodi. Sia perché allora, Rifondazione non occupò nemmeno una poltrona, sia perché quell'esperienza fu comunque a termine e conclusa da una rottura clamorosa e da una scissione dolorosa. Di questo abisso che sta alla base della disfatta della sinistra di classe portano la responsabilità tutti i dirigenti attuali delle varie formazioni: da Giordano e Bertinotti a Ferrero, da Diliberto a Fabio Mussi, da Grazia Francescato a Claudio Fava e così via. Discutere dello stato comatoso in cui versa la sinistra senza riferirsi correttamente alle cause che hanno prodotto il male - il governo, nel senso dell'adattamento supino alle compatibilità capitalistiche e alla necessità di "governare i processi" - significa perpetuare all'infinito la malattia. Cosa che gli attuali dirigenti della sinistra di (ex) governo sanno fare molto bene e che infatti stanno facendo con accortezza.
Il punto che ci interessa è se, invece, di fronte a questa diaspora continua e a una crisi rovinosa, sia possibile tracciare qualche elemento corposo di inversione di rotta, qualche resistenza politica e culturale alla dissipazione che provi a far ripartire un cammino utile per gli interessi di classe, per le lotte sociali e per il lavoro difficile dei movimenti di trasformazione. Sinistra Critica è nata con questa ambizione, non per celebrare la propria conservazione, ma per riaprire un'ipotesi di alternativa.
Per questo, di fronte al disastro e alle macerie, pensiamo sia il tempo di prendere in considerazione quello che proponiamo da vario tempo parlando della necessità di una "nuova sinistra anticapitalista".
Per questo proponiamo un azzeramento delle realtà attuali e una disponiblità a rifondare una sinistra di classe, anticapitalista, comunista, femminista, ecologista che faccia tesoro degli errori passati e riprovi a costruirsi su coordinate programmatiche più corpose, su pratiche sociali efficaci, su metodi organizzativi democratici, pluralisti effettivamente partecipativi, a partire dal basso e che tengano conto delle differenze di genere. Una sinistra che sappia raccogliere la sfida all'intero sistema capitalista nel momento della sua crisi, che sappia rimettere all'ordine del giorno la necessità di costruire una società radicalmente alternativa, che traduca il crescente malcontento sociale e la critica verticale alla politica in una moderna idea di rivoluzione, che quindi sostanzi una corposa prospettiva strategica e non si limiti a "vivacchiare" in attesa di qualche salvifico passaggio elettorale. E che, quindi, sia un processo reale radicato nei luoghi del conflitto sociale e sui territori, agli antipodi di ogni idea di assemblaggio verticistico e sterile di quel che resta sul terreno, dopo la sconfitta e la frammentazione.
Che si costruisca su basi politiche solide e non contraddittorie: serve oggi una sinistra di classe alternativa al Pd che non può restare ambigua di fronte a questo nodo alleandosi a seconda delle convenienze. Non può esistere una sinistra di classe coerente che si pensi in alternativa a Veltroni ma alleata di Soru come ha avuto modo di sostenere Paolo Ferrero: sono queste ambiguità ad aver provocato l'abisso.
Per affrontare una simile fase "costituente" c'è bisogno, lo diciamo senza perifrasi, dell'azzeramento delle attuali organizzazioni politiche, di tutte quelle che si vogliono cimentare con un simile progetto e della ricostruzione di una nuova soggettività politica che guardi al futuro e alle nuove generazioni senza rigurgiti identitari e senza nostalgie retoriche. Non proponiamo di buttare via la storia del Novecento ma di rileggerlo in funzione degli interessi di classe e del protagonismo democratico e rivoluzionario delle classi subalterne senza santini consolatori.
Una nuova sinistra di classe, dinamica, aperta è oggi assolutamente necessaria. Molte espressioni della sinistra alternativa che fu pensano oggi che un approdo efficace e utile sia quello di dare vita a una sinistra modernamente riformista, che morda la crisi del Pd e che se ne faccia alleato sia pure concorrente. E' un progetto legittimo e coerente, forse anche utile se serve a modificare le vicende del Pd stesso, ma non è il progetto che a noi interessa e che interessa a migliaia di militanti ancora oggi legati e legate a una prospettiva anticapitalista e un orizzonte di trasformazione radicale dell'esistente. Non è quello che definiremmo comunista, ecologista e femminista. Una sinistra di questo tipo, invece, è molto importante e avrebbe bisogno dell'apporto di quanti e quante dicono di volersi ancorare a una prospettiva simile a patto di rendersi conto che una fase si è chiusa e che c'è bisogno di una sinistra nuova, una nuova sinistra di classe. La riproposizione statica dell'esistente non farà che aggravare la crisi e alimentare nuove diaspore. Restare abbarbicati al Muro di Berlino non è meglio che governare con il Pd, la reiterazione in automatico di un progetto che la forza dei fatti dimostra esaurito non farà che produrre un imballamento del corpo militante e ripetere all'infinito che Rifondazione continua a dispetto dell'esaurimento del suo percorso non rappresenta una linea politica.
Una sinistra di classe nuova e capace di raccogliere la sfida del futuro deve vedere necessariamente un protagonismo diretto di nuove generazioni militanti, libere dalle responsabilità dei fallimenti maturati finora. La crisi infinita che attanaglia la sinistra non potrà certo essere risolta da gruppi dirigenti che, con sfumature diversa ma d'accordo nella sostanza, hanno convintamente lavorato per portarla al disastro. Ci sono momenti in cui è giusto e necessario fare un passo a lato se questo aiuta a ricostruire la credibilità che oggi manca e a sostanziare con atti e comportamenti quello che spesso rimane nell'ambito delle parole.
Sinistra Critica, ovviamente, continuerà la sua battaglia e la sua costruzione indipendente fino a quando segnali concreti, efficaci e veritieri non verranno dalle altre forze della sinistra di classe. Per noi il modo migliore di far avanzare questa proposta e questa prospettiva è la costruzione dell'unico soggetto che ci crede veramente. Ma siamo e saremo pronti al salto di qualità a condizione che guardi al futuro, che abbia quella dose di innovazione politica che gli studenti dell'Onda hanno reclamato con forza lo scorso autunno, che colga il nodo delle tante soggettività che possono concorrere alla lotta contro il capitalismo e che non faccia sconti di nessun tipo a quest'ultimo, essendo la radice anticapitalista l'unica da cui può fiorire una robusta sinistra di classe.
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